lunedì 28 aprile 2014

Se ne è andata "la Muta", una donna ormai di novant’anni che ha fatto la storia della prostituzione triestina.

Se ne è andata "la Muta", una donna ormai di novant’anni che ha fatto la storia della prostituzione triestina.
Chi oggi ha oltre sessant’anni potrebbe ricordare quella signora alta, magra e con i capelli castani.
La signora, da sempre residente in via del Fortino, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Settanta assieme alle "colleghe" la Bersagliera e la Zingara segnò a Trieste il passaggio dall'esercizio del mestiere all’interno delle case chiuse all'abrogazione della legge Merlin.
Prima della chiusura, i bordelli più frequentati si trovavano nelle vie dell'Altana, del Fico, del Fortino, delle Beccherie Vecchie e infine in via dei Capitelli.
Il bordello più raffinato, quello dove passavano ore e serate a divertirsi i signori delle Trieste bene, era "Villa Orientale" in via Bonomo.
“La Muta” - chiamata così per un suo concreto problema - è morta pochi giorni fa, lasciando un discreto patrimonio immobiliare rappresentato soprattutto da fori commerciali nella zona di Cavana.
Negli ultimi mesi, malgrado i problemi di deambulazione, la si vedeva ancora passeggiare e bere il caffè in uno dei bar della zona, accompagnata da una badante che ormai da qualche tempo la assisteva. Lascia un figlio.
Una donna determinata, che anche negli anni in cui praticava “il mestiere più vecchio del mondo" non gradiva la confusione, gli ubriachi o i giovani che le creano problemi.
Prima della chiusura delle case chiuse, la "Muta" si concedeva all'interno dei bordelli di Cavana. Poi passò a ricevere direttamente nella sua abitazione di via del Fortino.
Chi la frequentava ricorda aneddoti che oggi fanno sorridere. Come la sua abitudine di sgranocchiare pistacchi o di mangiare una mela mentre si intratteneva con il cliente di turno.
Al piano terra dello stabile c'era la sua "ruffiana" - ricordano i vecchi clienti - che gestiva gli appuntamenti, informava sulle tariffe e incassava il dovuto.
Ad accordi presi la "Muta" veniva avvisata e le veniva segnalato pure se il giovanotto che saliva era o meno un militare.
Perché chi stava facendo il servizio di leva usufruiva di uno sconto speciale.
Le tariffe, a metà degli anni Sessanta, prevedevano per un rapporto sessuale di pochi minuti 3 mila lire con precauzione, e 5 mila lire senza.
Assidui frequentatori della "Muta" furono i soldati americani. E il via vai nella stanza dove riceveva era tale che in fondo al letto veniva sistemata una coperta per fare in modo che i soldati, in velocità, non si togliessero nemmeno i pesanti stivali.
Si coricavano sul letto appoggiando le pesanti calzature su quella coperta per non rischiare di sporcare le lenzuola.
Quando Trieste era occupata dai tedeschi, nell'atrio della stazione ferroviaria esisteva un elenco di case di tolleranza autorizzate. Serviva proprio ai militari che le potevano frequentare solo se muniti di un permesso rilasciato dal proprio comando.
Ovviamente anche sotto l'amministrazione anglo-americana, le prostitute erano sempre munite di una tessera sanitaria a garanzia del loro stato di salute. Iscritta al Movimento Sociale, la "Muta" - ricorda ancora chi la conobbe - offriva anche una sorta di "iniziazione" alle pratiche sessuali agli allora giovanissimi del Fronte della Gioventù.
Dal Piccolo scritto da Laura Tonero
Piazza Cavana