mercoledì 31 luglio 2013

Il Pinguino Marco ...Il libro

Sembra una fiaba la storia del pinguino Marco, forse il pinguino più famoso del mondo, per oltre trent’anni una delle attrazioni turistiche della città, presenza usuale sulle Rive, fra il molo Pescheria e la Stazione marittima, amico obbligato di tutti i triestini nati fra la metà degli anni Cinquanta e i primi anni Ottanta, simbolo di quell’affettuosità uomo-animale che è parte dell’anima di questa città.
Sembra una fiaba questa storia che è entrata nella storia di Trieste, e come tale la racconta, in tutta la sua verità, il giornalista Roberto Covaz in un libro, illustrato con belle foto dell’epoca, dedicato ai bambini ma destinato a tutti: «Storia di Marco, il pinguino rapito» 
Per chi - e sono tanti - ha conosciuto il bizzoso pennuto, caratterialmente così vicino alla scontrosa grazia dei triestini, il racconto di Covaz contiene una rivelazione: Marco non fu salvato dalle fauci di un’orca, come vuole la vulgata, bensì venne rapito, vittima di un puerile gioco fra marinai.

La storia comincia nel 1953, quando la motonave «Europa», con il suo carico di emigranti triestini, arriva a Città del Capo.
La nave, comandata da Arrigo Liberi, è al suo secondo viaggio in Sudafrica, dopo quello inaugurale da Genova dell’ottobre dell’anno prima.
Fra i più giovani componenti dell’equipaggio ci sono due ragazzi istriani, Ezio e Nini.
Hanno il compito di pulire le camere dei passeggeri, e come tutti i giovani si annoiano quando la nave è alla fonda.
Perciò organizzano il rapimento di un pinguino, uno dei tanti che bazzicano le scogliere di Città del Capo.
Ezio e Nini, scrive Covaz, «all’imbrunire della sera precedente la partenza dell’Europa si muniscono di una rete da pesca trovata sui pontili e, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, riescono a catturare un pinguino».
È un esemplare molto piccolo, alto nemmeno mezzo metro, della specie Spheniscus demersus, che finisce «stremato e impaurito» chiuso in un sacco nella cambusa della nave.
È talmente malridotto che i due ragazzi, pentiti, pensano di riportarlo a terra, ma ormai è troppo tardi: l’«Europa» salpa alla volta di Trieste con il suo piccolo clandestino a bordo.
Naturalmente il comandante Liberi non sa nulla, il nostromo Giovanni Barrera, un veterano della Marina militare, copre i due ragazzi e la loro bravata.
Ma presto la salute del pinguino diventa un problema: nella cambusa il caldo è insopportabile, l’animale non mangia nulla e deperisce a vista d’occhio.
Allora, con la complicità di altri marinai, il cucciolo viene trasferito nel gabinetto alla turca della cucina «dove di tanto in tanto si potrà rinfrescarlo con i getti d’acqua dello sciacquone».
Poi, a turno, i marinai si affacciano di nascosto dal portello basso della cambusa per pescare pesce fresco direttamente in mare.
Intanto il pinguino è stato battezzato: Marco, appunto.Le cure dei marinai gli fanno bene, Marco sta meglio e ne combina di tutti i colori.
Si sta sviluppando anche quel fenomeno noto agli etologi come «imprinting»: il pinguino crede che i marinai siano suoi simili, e prende e seguirli e a imitarli.
La nave prosegue la sua rotta, ma allo scalo di Brindisi il segreto non può più essere mantenuto, e Barrera rivela al capitano l’esistenza a bordo del clandestino piumato.
Marco arriva così a Trieste il 18 maggio del 1953 e, spacciato per orfano sottratto a morte sicura, viene affidato all’Aquario marino, allora diretto da Renato Mezzena (che nel libro di Covaz firma una prefazione, mentre altre note sono affidate all’attuale direttore del museo di Storia naturale, e dell’Acquario, Sergio Dolce, e dal conservatore zoologo Nicola Bressi).
Qui Marco, affidato alle cure del custode Pietro Contento, comincia la sua seconda vita.
Libero di girare per le Rive, diventerà presto un personaggio famoso, cercato dai turisti e coccolato dai bambini, viziato da pescatori e pescivendoli.
Morirà il 27 dicembre 1985, alla veneranda età di 32 anni, meritandosi una volta di più l’attenzione delle cronache, con la scoperta che in realtà era una femmina.
Con la sua ricostruzione del rapimento di Marco (basato in buona parte sulla testimonianza di uno dei marinai dell’Europa protagonisti della vicenda) Covaz racconta una moderna favola-verità che sembra uscita più dalla fantasia che dalla recente cronaca, mettendo il pinguino Marco nel novero di tutti quegli animali reali o di finzione, dal delfino Flipper all’orca Willy, che hanno segnato e segnano un’infanzia.

Il libro :

Storia di Marco, il pinguino rapito» 

martedì 30 luglio 2013

Il Borgo Teresiano

Il Borgo Teresiano, anche detto Città Nuova (per distinguerlo dall’adiacente città vecchia) è un quartiere sito nel pieno centro di Trieste.

Esso comprende l’ampia zona che va’ da Scorcola e dalla stazione dei treni fino ai dintorni di Piazza Unità d’Italia (Riva Tre Novembre e Piazza Verdi).

Esempio urbanistico di grande pregio, con l’ordinato intersecarsi delle sue vie ortogonali e perpendicolari, fu voluto dall’Imperatore d’Austria Carlo VI in seguito alla proclamazione del Porto Franco nel 1719 (nel 1717 lo stesso Carlo VI aveva stabilito la libera navigazione sul mare Adriatico e, due anni dopo, aveva concesso a Trieste e a Fiume la dicitura di porti franchi dell’Impero, che ne determinò la prosperità commerciale ed economica, a totale vantaggio dell’Austria, visto che fino a quel momento i commerci via acqua in Europa potevano contare quasi esclusivamente sulla via del fiume Danubio).

Quale centro nevralgico del nuovo quartiere venne scelta la zona dove precedentemente si trovavano le antiche saline della città, fatto che procurò non pochi problemi nella messa in opera dei lavori di costruzione.
Fu sotto Maria Teresa ,la prima Imperatrice d’Austria, però, che la zona assunse la conformazione attuale, soprattutto per quanto riguarda il Canal Grande,costruito tra il 1750 e il 1756 per volere espresso dell’Imperatrice, che, con grande senso pratico, intuì le necessità di far arrivare le merci direttamente in città, il più vicino possibile ai magazzini aperti nei piani terreni degli edifici.

Vicino ai canali vennero fatte costruire delle abitazioni, generalmente composte di tre piani, appositamente erette per i commercianti: per ordine imperiale, al pianterreno si trovavano i magazzini, al primo piano gli uffici, al secondo l’abitazione del proprietario e, al terzo, quella dei componenti meno stretti della famiglia.
I canali, inizialmente, permettevano l’attraversamento tramite ponti girevoli; solamente alcuni anni dopo venne costruito il Ponterosso (da cui, in seguito, prese il nome l’intera piazza), un ponte levatoio in legno, cosiddetto per via del suo colore.
Il ponte venne sostituito con uno simile nel 1778 e con uno girevole in ferro nel 1840; infine, nel 1925, venne edificato quello definitivo in muratura.
E’ interessante notare che altri due ponti affiancarono quello principale per molti anni, in modo da far fronte al crescente traffico cittadino: il primo all’imbocco del canale, fu detto “ponte verde”, mentre il secondo, a metà strada tra i due, venne detto “ponte bianco”.

I nomi e la disposizione dei ponti non furono altro che l’ennesima dimostrazione del nazionalismo triestino e della volontà di essere annessi all’Italia quanto prima.

Inizialmente il canale era più lungo di come si presenta oggi e le sue acque lambivano la Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo.
Solo nel 1934, interrando la sua parte terminale con le macerie derivanti dalla demolizione della città vecchia, venne formata l’attuale Piazza Ponterosso.
Ma per assuefarsi allo spirito austriaco dell’epoca, disciplinato e preciso , è bene procedere come una certa logica e iniziare un ideale percorso dai limiti estremi del Borgo Teresiano, partendo da Piazza Verdi.

La Piazza, adiacente a Piazza Unità d’Italia, ospita il Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” (di fronte al quale si trova la discoteca Mandracchio); attraversandola ci si ritrova nella via Canal Piccolo, che conduce alla Piazzetta Tommaseo, ospitante uno dei più antichi caffé di Trieste, l’omonimo “Caffé Tommaseo”.
Da qui, tornando in direzione del mare, si arriva sulla trafficatissima Riva Tre Novembre, dove si trova la bella Chiesa settecentesca di San Nicolò dei Greci, riconoscibile dal doppio campanile e dalla cancellata posta davanti ad essa.

Risalendo la strada in direzione della stazione, si va’ incontro al Palazzo Carciotti, che si estende tra la via Genova e la via Cassa di Risparmio, ma che ha la facciata principale proprio sulle Rive.

Superato il palazzo si può godere della splendida vista sul Canal Grande, mentre lo sguardo viene spinto a guardare tutto il Ponterosso, con in fondo la Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, e, sulla destra rispettivamente il “Palazzo Rosso” (nome chiaramente dovuto al colore dell’edificio), all’incrocio con l’inizio del Corso Cavour e il Palazzo Gopcevich, oggi sede dei “Musei del Canal Grande”.

Ai lati del Canal Grande si trovano da una parte la via Bellini (sulla destra della quale si trova Piazza Ponterosso), dall’altra la via Rossini: entrambe conducono a Piazza Sant’Antonio Nuovo senza possibilità di attraversamento del canale se non giunti sulla via Roma, che lo taglia trasversalmente (per un periodo, nel 2008 era stato posto un ponte di prova all’altezza della via Trento, il Ponte Bailey).

Arrivati nella piazza e guardando la chiesa, si può scegliere di dirigersi verso destra, in Via S. Spiridione, per giungere fino in via Mazzini (parallela alle eleganti via San Nicolò e Corso Italia) e da lì arrivare in Piazza della Repubblica, oppure verso sinistra, in direzione di via Filzi.

Prima, però, è bene fare un giro nelle viuzze intorno alla chiesa: sull’angolo tra via Dante e la piazza si trova il caratteristico caffé storico “Stella Polare”, mentre proseguendo per la via Ponchielli (dove si trovano la casa Czeke di gusto barocco, l’omonimo Ristorante – caffetteria e la libreria “Borsatti”, specializzata in testi internazionali), intersecata dalla via Santa Caterina da Siena (dove si trova parte del palazzo della Banca Commerciale Italiana, con facciata in Piazza della Repubblica: sul lato opposto della piazza si trova invece l’edificio della Riunione Adriatica di Sicurtà) si giunge sulla via San Lazzaro, alle spalle della quale si trova la graziosa Piazzetta San Giovanni, con la storica sede delle Cooperative Operaie e alcuni locali dove gustare un buon caffé o un aperitivo.

Risalendo verso la stazione attraverso una delle varie vie parallele (rimanendo sulla via San Lazzaro ci si immette direttamente nel caos di una delle principali arterie della città, la via Carducci, altrimenti si può percorrere via Filzi o via Roma) si arriva in direzione di via Geppa (poco prima della quale, all’incrocio con Via Roma, si trova Piazza Vittorio Veneto, restaurata pochi anni fa: qui si trova il palazzo delle Poste, oggi sede del Museo Telegrafico della Mitteleuropa, il cui ingresso è libero).

Da qui si accede a Piazza Dalmazia e alla via Romagna, che conduce fino al rione di Scorcola: le case che si incontrano lungo il cammino in questo lungo tratto in ripida salita, così come alcune di quelle della via Commerciale (poco più avanti, dopo via dei Martiri della Libertà) sono costruite in stile neoclassico e liberty, come la Villa Ermione e la Villa Lehner, rispettivamente al numero 16 e al 25 di via Romagna, o la Villa dei Ralli in Piazza Scorcola

Proprio attraverso il rione di Scorcola si inerpica il simpatico e caratteristico tram di Opcina che, partendo da Piazza Oberdan, arriva fino a Opicina, consentendo una meravigliosa panoramica della città mano a mano che si sale lungo le irte vie cittadine.

Dal Web

domenica 28 luglio 2013

LA TRADIZIONE DELLE NOZZE CARSICHE ....MONRUPINO

Da domenica 25 agosto 2013 a domenica 25 agosto 2013

Monrupino (900 abitanti) è il più piccolo comune della provincia di Trieste, da cui dista una quindicina di chilometri. Confina direttamente con la Slovenia (in particolare con il comune di Sesana) attraverso il valico di Fernetti, che è una delle sue tre frazioni , assieme a Col e Rupingrande.

Qui  sono ancora molto radicate le culture tipiche del Carso. Infatti, a Monrupino si trova un’autentica Casa Carsica, mantenuta intatta nel tempo, dove si possono vedere i costumi, gli attrezzi agricoli e i mobili del secolo scorso, e dove si svolgono, l'ultima domenica di agosto degli anni dispari, le Nozze carsiche, rievocazione storica delle nozze così come venivano celebrate nel 19° secolo.

Le Nozze carsiche

La manifestazione, molto sentita dagli abitanti di cultura slovena che abitano l'entroterra triestino, da alcuni anni è divenuta una vera e propria attrazione turistica. Ha inizio il giovedì con l'addio al celibato e al nubilato: tradizione vuole che i futuri sposi debbano bere tutto d'un fiato grandi quantità del vino locale. Poi la sposa viene trasportata con un carretto alla frazione di Rupingrande dove, per l'ultima volta, ballerà da nubile con quello che a giorni sarà il suo sposo.

Il venerdì il giovane innamorato dedica una serenata alla sua bella intonando, sotto la sua finestra, tipiche canzoni slovene, con la futura suocera che veglia affinché i due non possano incontrarsi. Il sabato, su un carretto, viene portata nella nuova casa la dote della sposa.

La domenica è il gran giorno ed il matrimonio è celebrato, in costumi tradizionali, presso la chiesetta che si erge solitaria sulla Rocca di Monrupino. Al termine della funzione gli sposini vengono accompagnati dal corteo dei convenuti dapprima alla casa e poi al locale dove si terranno i festeggiamenti. Durante tutte le serate della festa non mancano musica e balli nella piazza del paese.

La Casa carsica

La Casa Carsica, perno della rievocazione, è ai margini del piccolo villaggio di Rupingrande. È una tipica casa rustica del Carso triestino di incerta datazione, senz'altro ha più di duecento o forse trecento anni. Il suo attuale aspetto risale al 1831, quando venne riadattata per l'ultima volta. È stata restaurata nel 1968.

Presenta il caratteristico tetto a lastre di pietra ed è arredata con mobili originali ed oggetti d'uso della vita contadina risalenti al secolo scorso, dono degli abitanti della zona.

Il tetto, sormontato da un imponente camino, ha una caratteristica copertura in lastre di pietra. In pietra squadrata sono anche la soglia e le finestre. Davanti alla casa un suggestivo cortile con pozzo e tutt'attorno mura di pietra a protezione del cortile e della casa.

Al pianterreno si trovano la cucina e la cantina.  Al primo piano la camera da letto e il granaio. Nella cucina il pavimento lastricato in pietra presenta una sopraelevazione nell'angolo dov'è situato il focolare con il forno per il pane, la "napa" (cappa del camino) e un incavo di pietra per sistemare i recipienti con l'acqua.

Nella camera da letto risultano degne di nota due culle, due cassapanche riccamente intarsiate e un arcolaio. Da segnalare che anche la biancheria da letto e le coperte sono state fatte artigianalmente.
Nella cantina e nel granaio sono collocati utensili da lavoro e recipienti vari, a testimonianza della dura e faticosa vita degli abitanti del Carso.

La Rocca

Dalla Rocca su cui è stata edificata la chiesetta dello sposalizio si gode un panorama impagabile: a sud l’altopiano carsico; a ovest il mare Adriatico, la foce del fiume Isonzo, la città di Grado e l’isola di Barbana; a est i monti Nanos e Caven.

La Rocca fu prima castelliere preistorico (ossia, insediamento fortificato), poi castellum romano fortificato, infine inespugnabile fortezza che difese le popolazioni locali dalle invasioni barbariche.

Quando, a partire dal 1470, iniziò il periodo delle scorrerie turche, furono proprio gli abitanti a costruire intorno alla chiesa che vi sorgeva - menzionata per la prima volta in un documento vescovile dell'anno 1316 con il nome di "Sancta Maria Reypen" - un rozzo muro, non molto spesso, ma decisamente robusto.

Vicino all'entrata principale si vedono ancora i resti della Torre del Tabor con un arco murato, tratti della cinta muraria e la cisterna, oggi inutilizzata ma un tempo presenza indispensabile per la vita del luogo.

Una volta cessato il pericolo rappresentato dalle scorrerie dei Turchi, iniziò la ricostruzione della preesistente chiesetta, riconsacrata nel 1512 dal vescovo di Trieste Pietro Bonomo, con uno speciale regime di indulgenze per i pellegrini e i devoti.

La chiesa attuale, Santuario Mariano, è invece frutto di rifacimenti ed interventi settecenteschi, mentre il suo campanile - alto 19 metri è visibile da tutto il Carso - fu eretto solo nel 1802.

Altra costruzione di quel periodo è costituita dagli edifici dell'attuale Canonica, dove il portone ad arco reca incisa la data 1559. Questa costruzione, oggigiorno è adibita ad attività parrocchiali.

Ultimo edificio ospitato nella rocca, posizionato sulla rupe più alta del colle, è l’antica Casa del Comune, una piccola costruzione quattrocentesca in pietra, nella quale una volta si riuniva la “srenja”, ossia l’assemblea dei capifamiglia.

Foto dal web  tratta da  una edizione passata

Il libro ...101 cose da fare in Venezia Giulia almeno una volta nella vita

Stretta tra le Alpi e il mare, la Venezia Giulia è la terra di confine per antonomasia, ambita e contesa.
Eppure basta pensare al suo capoluogo, Trieste, da sempre fucina di storia e di letteratura, patria natia e d'adozione di scrittori e poeti, per rendersi conto di come questa zona abbia saputo mantenere una sua peculiare identità.

Attraverso i centouno itinerari proposti in questo libro, sfileranno davanti ai vostri occhi tutti i volti di una terra estremamente ricca e varia: vi sentirete viaggiatori cosmopoliti, cittadini internazionali, forse persino un po' irredentisti.

Potrete fingervi intenditori di caffè ammirando il mare da piazza Unità a Trieste, o chiedere alla vostra amata di sposarvi con nozze carsiche, sapendo che, male che vada, vi attaccherete al tram (di Opicina).

Potrete scegliere di vagare alla ricerca di ispirazione, guidati da Svevo o dal suo insegnante d'inglese Joyce, per poi finire con l'imbattervi in canyon mozzafiato e grotte giganti.

E magari, quando sarete immersi nello splendido fascino del paesaggio carsico o mentre affronterete impavidi la bora, vi sorprenderete a pensare che, in Venezia Giulia, è davvero facile sentirsi a casa.

venerdì 26 luglio 2013

Melone , il frutto del gran caldo

Il melone è uno dei frutti-simbolo della stagione calda: dal bel colore solare, ricco di acqua, di fibre e di zuccheri, è nel contempo dissetante e nutriente, e non pesa sulla bilancia, visto che ha solo una trentina di calorie all'etto.

Questa pianta delle Cucurbitacee è originaria dell'Asia centrale e della Turchia: a partire dal V secolo a.C., sbarcò in Egitto e poi a Roma.
I meloni italiani più celebri, i Cantalupi (con la scorza spessa e la polpa profumata), furono portati nella nostra Penisola dall'Oriente nel Quattrocento e coltivati per la prima volta a Cantalupo, nei terreni pontifici nei dintorni di Roma.
Ma il melone non è solo molto buono: scopriamo come sfruttarne le virtù curative.
Un tonico per la circolazione: con mezzo melone al giorno controlli la pressione

Il melone contiene un'altra percentuale di sali minerali (tra cui ferro, fosforo, sodio e calcio) e in particolare di potassio, il sale che contribuisce a tenere sotto controllo la pressione e ripristina le scorte idriche perdute a causa della sudorazione.
Consumare ogni giorno mezzo melone o anche un piccolo melone intero aiuta a proteggere il sistema cardiocircolatorio perché questo frutto contiene l'adenosina, una sostanza che aiuta a mantenere fluido il sangue ed evita la formazione di coaguli.
Il melone è anche una miniera di fibre (che mantengono pulito e attivo l'intestino) e vitamine A e C, prezioso "nutrimento" dell'epidermide che durante l'estate è particolarmente esposta agli stress termici e all'aggressione dei raggi solari.

Non è invece indicato per i diabetici (è molto ricco di zuccheri) e per chi soffre d gastrite.

La sua polpa è idratante: a fettine disseta la pelle secca
Un primo ed efficace impiego del melone è rappresentato da questa maschera per il viso, perfetta dopo una giornata di esposizione al sole.
La polpa di melone assorbe il calore dalla cute e la riporta al giusto grado di idratazione.

Gusta il melone anche con le verdure

Questo piatto rinfrescante e saziante, da  gustare come antipasto, scaccia caldo ed è utile anche per reintegrare i sali persi con il sudore.

Ingredienti:

un melone
una falda di peperone verde
una falda di peperone rosso
un finocchio piccolo
2 foglie di basilico
un cucchiaino di aceto di mele
un cucchiaio d' olio extravergine d'oliva
un cucchiaio di semi di sesamo
6 gherigli di noce
sale q.b.

Preparazione:

Lavare e pulire finocchi e peperoni e tagliarli a tocchetti;
aggiungere le noci, il sesamo, le folgie di basilico spezzettate,
condire con sale, aceto di mele, e olio d'oliva.
Tagliare il melone in senso orizzontale, svuotare ogni metà dalla polpa e tagliarla a tocchetti.
Unire la polpa alle altre verdure e la marinata nel frutto svuotato.

mercoledì 24 luglio 2013

I miei primi amici con Booking

Ho intrapreso questa nuova avventura con Booking .com ed è stata una sorpresa !
Sono iscritta in molti siti ma incredibili le tante prenotazioni con Booking.com
Seri , puntuali ......
Giuliana , la manager incaricata di seguirmi ,una persona stupenda ,
clienti da tutto il mondo !
Woww sono felice :-D
I primi clienti persone splendide che vivono in Svizzera ...mamma vietnamita , papa' tedesco e tre figli meravigliosi
Ciao a tutti continuo la mia avventura ...oggi arrivi dalla Russia !!!

martedì 23 luglio 2013

URSUS , archeologia industriale

Con i suoi 75 metri di altezza potrebbe sembrare la Torre Eiffel.
Ma le sue "fondamenta" giacciono nel mare, in un angolo del Porto Vecchio di Trieste, al Molo 23.
Si tratta di una delle più grandi e antiche gru galleggianti: l'Ursus. 
Ursus rappresenta un raro reperto di archeologia industriale, un'importante opera di ingegneria meccanica e navale che ha contribuito all'edificazione di opere portuali e costiere.
 Interamente progettata e costruita nei Cantieri Triestini, è stata utilizzata nella realizzazione di progetti navali che hanno assegnato alla cantieristica triestina un primato di qualità che ancora oggi le appartiene. L'Ursus, già teatro di manifestazioni di richiamo turistico come un concorso nazionale di fotografia, o di alcune mostre d'arte, è stata presente, con la sua maestosità, alla celebre regata triestina della Barcolana. 
Durante lo scorso Natale, suggestivi fasci di luce colorate l'hanno illuminata, diventando oggetto di curiosità e ammirazione da parte di numerosi turisti presenti in città. 
Lo spazio interno è di ben 800 metri quadrati ed è in grado di trasformarsi in sale convegni o sede museale o galleria per mostre d'arte.
La superficie, invece, sarebbe una suggestiva location per concerti e spettacoli vari. 
L'Ursus: un esempio di recupero di un raro reperto industriale per un richiamo turistico eccezionale.
Ursus
Molo 23
34100 Trieste

lunedì 22 luglio 2013

Disintermediazione alberghiera: le nuove prospettive del booking online

Booking EngineIntermediazione? No, grazie.

È destinato ad essere questo il nuovo imperativo del booking online, un mercato in costante espansione che se fino a ieri era in mano quasi esclusivamente ad un numero ristretto di tour operator (Expedia, Venere, Lastminute, ecc), ora sembra essere sempre più appannaggio del… fai da te.

O, in altre parole, della cosiddetta ‘disintermediazione’ alberghiera: quel meccanismo per cui il turista che decide di prenotare la sua vacanza in Internet, lo fa senza affidarsi ad un intermediario, ma chiudendo la transazione direttamente sul sito dell’hotel prescelto.

Come a dire: dal produttore al consumatore.

Sembra la scoperta dell’acqua calda, eppure in Italia questo fenomeno è ancora allo stato embrionale.
Solo negli ultimi anni, infatti, gli imprenditori di casa nostra hanno cominciato a cogliere le potenzialità dell’esistenza in Rete di un canale diretto con il turista che possa ovviare ai condizionamenti imposti dai vari intermediari.
E questo canale diretto non può che essere un buon sito internet, accattivante, ben costruito, ma soprattutto denso di informazioni che invoglino l’utente a cliccare sul tasto book now.
I motivi, quindi, per cui un albergatore dovrebbe investire in web marketing turistico vengono soprattutto dai numeri. 36%: è la percentuale dei viaggiatori che ritengono di ottenere un servizio migliore dalla trattativa diretta con l’hotel, il doppio rispetto al 15% che dichiara di preferire i grandi portali. Inoltre, per il 38% di loro i prezzi concordati direttamente con l’albergo sono più vantaggiosi rispetto a quelli riferiti da un intermediario e ben l’80% di coloro che hanno notato l’albergo su Expedia & co raggiunge poi il sito ufficiale dell’albergo.
Più precisamente, sempre secondo statistiche Google UK e ComScore, 3 viaggiatori su 10, dopo aver ricevuto informazioni sull’albergo dalla grande agenzia, preferiscono contattarlo direttamente per concludere la trattativa: Expedia stessa dichiara che oltre il 40% dei propri visitatori ricerca pacchetti su expedia.com per poi prenotare sui siti degli hotel.

 Tutto questo non significa che chi gestisce una struttura alberghiera debba chiudere con i classici intermediari, anzi: questi rappresentano un veicolo in più per promuovere l’hotel, da sfruttare per rafforzare il brand e condurre il cliente verso il proprio sito.
Solo che affidarsi esclusivamente agli intermediari non dovrebbe rappresentare l’unica soluzione per generare profitto. Piuttosto appare necessaria – alla luce di questi cambiamenti nella dinamica di mercato e nel comportamento dei viaggiatori - una maggiore cura del proprio sito, che punti su una sua maggiore visibilità e sulla personalizzazione dell’offerta.

sabato 20 luglio 2013

Istituto Venezia , imparare l'italiano a Trieste

Scuola di italiano

Istituto Venezia è una scuola di italiano riconosciuta dal Ministero dell'Educazione Italiano, è membro di:
Asils, Associazione Scuole Italiano Lingua Seconda;
Tandem International, International Network of Quality Language Institutes

Da molti anni promuove a Venezia l'insegnamento della lingua italiana e inoltre:

- coordina i corsi di Italian for foreigners della Venice International University (Università di Ca' Foscari, Istituto Universitario di Architettura, Ludwigs Maximilian Universitat, Tel Aviv University, Universidad Autonoma de Barcelona, Waseda University di Tokyo e Duke University)

- è sede di stage dei corsi e del Master in didattica e promozione dell'italiano, Laboratorio Itals dell'Università di Ca' Foscari di Venezia

- ospita i corsi di italiano dell'associazione internazionale Intercultura
- organizza programmi study abroad di università americane

Corso intensivo di italiano a Trieste

- Il corso si articola in 4 ore al giorno di lezione alla mattina, divise fra due insegnanti, dal lunedì al venerdì.I gruppi sono al massimo di 12 studenti.
- Un corso dura 4 settimane (80 ore) e copre il programma di studio per i livelli principiante, intermedio, medioprogredito e avanzato.

A seconda del livello, i partecipanti potranno acquisire una competenza di base dell'italiano o approfondire e perfezionare le loro conoscenze dell'italiano.
I principianti possono iscriversi solo a partire dalla prima settimana di corso. È possibile iscriversi anche a 1, 2 o 3 settimane di corso.
Tutti i materiali didattici e le attività culturali a Trieste sono inclusi.
È possibile iscriversi anche a un Corso individuale o Superintensivo 1 e 2(combinazione fra Corso Intensivo del mattino e 1 o 2 ore di Corso Individuale il pomeriggio).

ISTITUTO VENEZIA  A TRIESTE
Via del Collegio 634121 Trieste
Telefono +39 0415224331
Fax +39 0415285628
Skype: istitutovenezia
info@istitutovenezia.com

venerdì 19 luglio 2013

Il campo da golf di Lipica ,Slovenia

Il Campo da golf di Lipica è stato costruito nel 1989 su progetto di Donald Harradine, un architetto di campi da golf di fama mondiale.
È l'unico campo da golf in Slovenia dove è possibile praticare questo sport durante tutto l’anno.
Oltre ai golfisti sloveni, il campo è molto frequentato anche da giocatori stranieri, che arrivano soprattutto dalle vicine Italia, Croazia, Germania e Austria.
Questa struttura può vantare fairway particolarmente pittoreschi e aree di allenamento, dove si trova anche un’accademia di golf senza frontiere.
Nell'ambito dei servizi dedicati al golf, offriamo una vasta gamma di pacchetti tra i quali troverete sicuramente qualcosa che fa al caso vostro.
I campi da golf partner sono situati nelle immediate vicinanze, in Italia e Croazia.

giovedì 18 luglio 2013

Un evento importante TriesteLovesJazz !


Da domenica 7 luglio a domenica 11 agosto 2013 è tornata a Trieste TriesteLovesJazz,

 la 7. edizione del festival internazionale che ogni anno porta a Trieste il meglio del jazz.
Bill Evans, Anthony Strong e Sugar Blue alcuni dei protagonisti della scena mondiale che dividono il palco con artisti e band locali confermando l’ampio respiro del festival, che accosta i talenti del territorio al panorama internazionale.

27 concerti distribuiti su 16 serate, oltre 150 gli artisti protagonisti, molti i paesi di provenienza (da tutto il mondo) delle band: questi alcuni numeri della settima edizione di TriesteLovesJazz, il festival internazionale organizzato da Casa della Musica e promosso dal Comune di Trieste nell’ambito di “Trieste Estate”.
Quest’anno per la prima volta, inoltre, il festival debutta sotto l’egida del nuovo marchio Jazz Fvg sotto il quale  gravitano i migliori i festival della regione.
Trieste ospita non solo alcuni tra i più importanti e quotati nomi del jazz internazionale, come il sassofonista di Miles Davis, Bill Evans, la nuova star britannica Anthony Strong e lo storico maestro della chitarra, Franco Cerri, ma anche icone musicali del blues come Sugar Blue, vero e proprio mago dell’armonica, accanto ad artisti dall’accento contemporaneo come il trio Comisso – Stockhausen–Thomè o i Funambolique, o ancora il jazz moderno e insieme popolare di Matteo Sabattin/Rafal Sarnecki New York Quintet o la freschezza e l’alta professionalità del trio di Enrico Zannisi.

TriesteLovesJazz 2013

Stochausen


TriesteLovesJazz 2013: Stochausen-Comisso-Thomè Trio

Sabato 20 luglio, alle 21.00, sarà la volta di del trio Markus Stochausen (tromba e flicorno) – Angelo Comisso (pianoforte) – Christian Thomè (batteria), un ensemble che unisce musicisti formidabili che suonano assieme dal 2003.
Markus Stockhausen, definito da The Times “prodigio della tromba”, è figlio del grande Karlheinz, tra i compositori più importanti della musica del XX secolo, e fratello di Simon, anche lui affermato compositore contemporaneo. Trombettista solista e improvvisatore, è uno dei più versatili e poliedrici musicisti del nostro tempo: si è esibito sui più grandi palcoscenici, dalla Scala al Royal Opera House e il suo suono pieno e fluido è riconoscibile su oltre 50 dischi registrati per le più importanti etichette discografiche.

Al suo fianco il pianoforte di Angelo Comisso, pianista istintivo, che affronta con naturalezza, oltre al jazz, repertori classici così come complesse partiture contemporanee e l'improvvisazione totale.
Ha al suo attivo oltre dieci album.

Completa il trio Christian Thomè, di scuola tedesca, dalla grande attenzione alla rifinitura del tocco: la sua fantasiosa e mai invadente propulsione ritmica gli hanno permesso di collaborare con con grandi nomi come Peter Kowald, Micheal Moore, Achim Kaufmann e di lavorare in vari progetti interdisciplinari, tra i quali l’ European Dance Development Center con la ballerina italiana Paola Bartoletti.

Per maggiori informazioniSito web: http://www.triestelovesjazz.com

mercoledì 17 luglio 2013

Le Osmize ...cosa sono ?

Le osmize sono dei locali tipici della provincia di Trieste e dei suoi dintorni.
Ai contadini viene permesso, per un breve periodo, di aprire l'attività commerciale in cui vendere i propri prodotti.
Originariamente questo periodo era di otto giorni - osem in sloveno - da cui deriva il nome "osmize".
Le date di apertura delle osmize variano di anno in anno, anche a seconda della quantità di vino prodotto dai singoli contadini.
L'attività di vendita viene solitamente svolta nelle cantine e nei giardini delle loro stesse abitazioni, adibiti per l'occasione con tavoli e panche di legno.

Cosa offrono?

Nelle osmize si può gustare i prodotti tipici del territorio: vino (Terrano, Vitovska, Malvasia), prosciutto, salame, pancetta e altri salumi, formaggi e uova. In alcune osmize è possibile trovare anche olio oppure di verdure e ortaggi, sempre di produzione propria.Nelle osmize si respira un'aria goliardica, sia per il vino bevuto che per l'allegria dei suoi visitatori. Spesso vengono intonati canti tradizionali in dialetto triestino, accompagnati dal suono della fisarmonica, della chitarra e di qualsiasi altro strumento sia stato portato.

Quando?

Le osmize sono aperte durante tutto l'anno. È particolarmente consigliato visitarle durante la bella stagione, per gustarsi il tutto all'aria aperta.

Dove?

A Trieste si trovano su tutto il territorio del Carso, ma ci sono alcuni esempi di osmize cittadine che si trovano nella prima periferia della città (es. Longera, Piscianzi). Altre osmize si trovano oltre confine, in Slovenia.


Come trovarle?

Lungo le strade principali del Carso vengono esposti dei rami, detti frasche, con una freccia rossa che indicano la presenza di un'osmiza.
Basterà seguirli per trovarla.
Nella settimana dal 24 al 30 Giugno saranno aperte le seguenti Osmize:
Lisjak Maria (Malchina, fino al 30/6);
Gabrovec Ivan (Prepotto 15 Tel. 349 3857943);
Gruden Stanislav (Samatorza, fino al 27/6)
Legisa Nadja (Medeazza, fino al 25/6)
Skupak Zdravko (Colludrozza, fino al 28/6)
Verginella Dean (Contovello, fino al 30/6)
Pertot Gabriel (Aurisina, fino al 30/6)
Bandi Davorin (Prebenico, fno al 3//)
ORGANIZZATO DA: www.osmize.com www.osmize.net

venerdì 12 luglio 2013

ITS International Talent Support 12/13 Luglio all'ex Pescheria



ITS fornisce supporto e visibilità ai giovani talenti di tutto il mondo.

4 Campi di Gara:

MODA- il concorso di moda stabilito per gli studenti dell'ultimo anno delle scuole di moda di design e giovani designer
ACCESSORI - l'unico concorso che abbraccia tutti i campi del design accessori,
GIOIELLI - dedicato ai gioielli in tutte le sue diverse forme
ITS FOTO - un osservatorio importante per scoprire i giovani fotografi più abili



Da Cipro alla Corea del Sud, dal Libano alla Cina, attraversando Stati Uniti, India, Canada, l'Europa da est a ovest.
Per il dodicesimo anno consecutivo, il 12 e 13 luglio all'ex Pescheria, “Its” porta in passerella la moda della globalizzazione.

Ancora una volta, il “contenitore” degli Incanti proporrà la moda che si studia nelle accademie di design più prestiose, ma che poi si contamina e si influenza sulle autostrade della rete.
Lì si vedranno  colori, motivi e suggestioni, trenta giovani creativi selezionati per la finale, stilisti e designer di accessori e gioielli arrivati a Trieste da un capo all'altro del mondo,
Sono questi i personaggi e i temi comuni agli oltre mille portfolio inviati agli organizzatori del concorso, Barbara Franchin e lo staff della sua agenzia “Eve”, che in quest'edizione sono riusciti a scovare aspiranti stilisti di paesi come Zimbabwe, Trinidad, Ecuador, Costa Rica, Salvador, Egitto, Perù, Emirati Arabi, Iran, Nepal, Nuova Zelanda, Libano, Armenia: mercati della moda inesplorati, esordienti del sistema.

Dieci finalisti per ogni sezione del concorso, con la consueta, nutrita pattuglia di inglesi, soprattutto dal London College of Fashion, che ha i migliori corsi al mondo per il design degli accessori, e un ritorno nella rosa dei talenti emergenti di francesi, americani e irlandesi.
Venerdì 12 luglio, all’ex Pescheria, inaugurazione della mostra di accessori e gioielli, il giorno dopo la sfilata delle collezioni selezionate, cui si aggiunge quella del vincitore 2012, il giapponese Ichiro Suzuki, chiamate alla ribalta dalla “vecchia” amica di Its, Victoria Cabello.

Quattordici le scuole e accademie di moda rappresentate in finale,
Novità nelle tre giurie, alle quali spetterà il compito di destinare i consistenti premi in denaro (sfiorano i centomila euro) e gli stage nelle aziende degli sponsor.

A Trieste arriveranno infatti Harold Koda, curatore responsabile del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, e Laurent Cotta, storico dell’arte e curatore al Musée Galliera di Parigi, che, nel weekend triestino, avranno anche l’opportunità di visitare e conoscere l’archivio creativo di “Its”, con i suoi undicimila portfolio, oltre trecento tra abiti e accessori e settecento fotografie, al quale ogni finalista lascia in eredità una sua creazione.
E ancora, in giuria, tra i nomi di peso, la stilista di Marni (griffe acquisita di recente da Renzo Rosso) Consuelo Castiglioni, Raffaello Napoleone, ad di Pitti Immagine, rappresentanti del British Fashion Council e del premio francese Andam Fashion Award, per gli accessori il designer giapponese Mihara Yasuhiro, per la gioielleria il brand di lusso francese “On Aura Tout Vu”.

Si arricchiscono premi e sponsor.
A sostenere il concorso triestino ci sono innanzitutto Diesel e, quest’anno per la prima volta, la holding di Renzo Rosso, Only The Brave, insieme al gruppo Ykk, sponsor della sezione accessori, e a Swarovski per i gioielli.
Entrano in squadra Yoox, che sceglierà una creazione, la produrrà e la metterà in vendita nelle sue piattaforme on-line presenti in oltre cento paesi, e poi Swatch, che chiederà a un finalista di disegnare un gioiello con tecniche e materiali innovativi.

Love me in Italy


Love me in Italy


Love me in Italy

La guida alle migliori location in Italia per il matrimonio e gli eventi d'amore

Love me in Italy è una guida unica nel suo genere, dedicata alle coppie che vogliono scegliere una cornice originale per il loro giorno più bello.

Una proposta tra più di 20 città che spazia dalla cerimonia all'aperto immersi nel verde del parco di Terme di Comano, al romanticismo di Verona con la celebrazione del rito alla casa di Giulietta, dalla sala più glamour d'talia a Milano a quella traboccante di arte e riferimenti storici del Palazzo Assessorile di Cles, dall'affaccio sul mare triestino, alle colline toscane di Anghiari, da Venezia, città dell'amore per eccellenza, a Roma, città eterna.
Per ogni luogo, descritto nei suoi aspetti più significativi, trovate tutte le informazioni utili sulle procedure amministrative per il matrimonio e i consigli dei migliori professionisti per la scelta dello scenario più suggestivo per gli scatti fotografici, il banchetto perfetto, i fiori adatti, il gioiello più bello, il dolce più elegante.
F. Bedendo, V. Pinton, C. Zizola, Prefazione di Serena Obert

Traduttrice :Dilara Sadiker :-D
116 pagine
Uscita giugno 2013 per chi lo volesse acquistare http://www.lunargento.it/articles/catalogo_libri_italiano/1/L030.html

Grignano , frazione di Trieste

Grignano (Grljan in sloveno) è una frazione del comune di Trieste.

Si tratta di una piccola località adagiata all'interno di una suggestiva baia sul versante settentrionale del promontorio (chiamato un tempo Punta di Grignano) ove sorge il castello di Miramare, a circa 6 km a nord della città di Trieste.
Il toponimo deriverebbe da "(praedium) Nirginianum", ovvero "terreno appartenente a Nigrinus".
La prima menzione è del 1150, quando nello statuto delle selve viene indicata la località Rivo S. Maria di Grignano.
Già nell'anno 1336 vi esisteva un ospizio e una piccola chiesa dedicata a San Canzian, mentre nel 1627 si menziona una chiesa della Beatissima Vergine Maria.
Sino al 1785 vi era inoltre un convento francescano con predetta chiesa.Grignano dal 1999 è sede dell'Immaginario Scientifico di Trieste, mentre nella parte alta della località, chiamata Miramare, dal 1964, ha sede il Centro Internazionale di Fisica Teorica, primo nucleo di quella cittadella della scienza che ha sede a Trieste.

giovedì 11 luglio 2013

Ernesto l'animatore delle feste per bambini !

Un consiglio di Mary Poppins's House

Ernesto l'animatore delle feste per bambini!
Non si tratta di un mago o di un clown , ma di un animatore nel verso senso della parola, propone 3 ore di animazione assoluta rendendo i bambini i veri protagonisti della festa, il suo repertorio varia dai giochi classici ad altri innovativi a seconda dell'età, facendo in modo che siano coinvolti tutti, dai piu timidi ai piu scalmanati in un divertimento ben organizzato.
Per chi volesse contattarlo il cell : 3428464218 - la mail : ernestissimo@yahoo.it

Venderigola in piaza - I mercati triestini tra cronaca e storia...... Liliana Bamboschek

Un altro tassello di storia triestina (ma che s'intreccia con quella della vicina penisola istriana) dopo i fortunati libri sulla Bora, sul sistema tranviaro a Trieste, sugli stabilimenti balneari del capoluogo giuliano.
Questa volta l'autrice appone un tassello sul colorato mosaico di storia triestina diverso dal solito, partendo dalla conformazione urbanistica della città che vide (e vede, per certi aspetti, ancor oggi) la piazza luogo dove nascono e crescono i primi mercati dei prodotti della terra che provenivano dal Carso ma, soprattutto, dall'Istria.
Mercati semplici dove le primizie imbandivano il desco di una Trieste, quella dell'Ottocento e dei primi del Novecento, affacciata sul suo porto-emporio.L'autrice va a ritroso con la memoria fino all'età medievale e fornisce al lettore uno spaccato di colori e parlata di indiscutibile interesse.
Ma non sono solo i prodotti dell'agricoltura il fil rouge del libro, ma anche il mercato del pesce, gli ambulanti con i loro richiami, i loro inconfondibili rumori (il battibaccalà, per esempio) l'omo de l'asedo, el pestapevere e tanti altri ancora.Uno spaccato di vita popolare che l'autrice ha fatto riemergere dal limbo della storia.
Una storia che fisicamente sta scomparendo - come il mercato ortofrutticolo di piazza Ponterosso o la pescheria centrale (Santa Maria del Guato, per la sua svettante torre a forma di campanile) che diverrà un centro congressi - ma che restano in vita grazie alle melodie popolari ed alle poesie, uniche vere superstiti dei cambiamenti economici e territoriali che hanno segnato queste terre; melodie e poesie che trovano ampio spazio in codesta pubblicazione a ricordo dei bei tempi andati quando s'udiva il richiamo del venditore del pesce che ha dato vita a storici siparietti radiofonici (orade, orade, ociade, ociade, branzini, pessimòli, scampi, caramai, capesante, capelonghe, caperòzoli! ale, ale, siora Nina, che el sol magna le ore!) oppure di gustose canzonette (Son de mestier venderigola in piazza, son triestina, matona sincera, mi trato tuti con bela maniera ).
In altre parole una Trieste che non esiste più, se non nei ricordi evocati da sbiadite cartoline oppure da vecchi e introvabili canti popolari.

mercoledì 10 luglio 2013

Gnocchi di Susini (prugne)





Gnocchi di Susini (prugne)

INGREDIENTI per 4 PERSONE:

500 gr. di patate;
100 gr. di burro;
250 gr. di farina;
2 cucchiai di zucchero;
1 uovo; sale q.b.;
250 gr. di prugne secche;
cannella.

Lessare le patate e schiacciarle.
Raccogliere il purè in una ciotola e mescolarvi l'uovo sbattuto con un pizzico di sale; poi asciugate il composto aggiungendovi un poco alla volta della farina per ottenere un impasto di media consistenza.
Ricavate dall'impasto delle palline ed incavatele per metterci dentro mezza prugna secca e poi richiudete con cura.
Gettate gli gnocchi così ottenuti in acqua salata bollente.
Una volta pronti fateli sgocciolare, e conditeli con pan grattato fatto rosolare nel burro fuso, zucchero e cannella.

Buon appetito :-)

Granseola alla Triestina



Granseola alla Triestina 

La granseola, granchio tipico delle coste italiane, preparato alla triestina è l'ideale
se si vuole proporre uno stuzzichino semplice da preparare, ma gustoso e ricco.

Tempi
25 minuti

INGREDIENTI

per 4 persone
½ cipolla
succo di limone e scorza grattugiata
100 g di pane grattugiato
30 g di burro
2 cl d'olio d'oliva
prezzemolo q.b.
1 granseola o 500 grammi di polpa di granchio

PREPARAZIONE

15 minuti per la preparazione + 10 minuti per la cottura
Cuocete la granseola in abbondante acqua bollente per una decina di minuti, scolatela e lasciatela raffreddare.

Staccate le chele e apritele con uno schiaccianoci, estraetene quindi la polpa e conservatela in una ciotola.

Servendovi di un coltello e di un paio di forbici aprite il guscio della granseola nella parte inferiore, asportate la polpa interna al guscio e, dopo averla mescolata con quella delle chele, sminuzzate il tutto.
In alternativa potete utilizzare la polpa di granchio in scatola sgocciolata e sminuzzata.

Tritate quindi la cipolla e fatela soffriggere nel burro con il pangrattato, il prezzemolo e, se l’avete, il giallo della granseola.

Togliete dal fuoco e unitevi il succo e la buccia grattugiata del limone, l’olio e la polpa della granseola sminuzzata o la polpa di granchio.

Mescolate per bene il composto così ottenuto e spalmatelo su crostini di pane caldo.

STORIE NEL PIATTO

I granchi e i crostacei in genere erano già molto apprezzati nella cucina dell’antica Roma.
In particolare Apicio, famoso gastronomo latino che nel suo “De re coquinaria” dà suggerimenti su come cucinare i crostacei, pare ne fosse estremamente goloso.
Proprio per questo si narra che, venuto a sapere che lungo le coste della Libia vi erano aragoste di straordinaria grandezza, allestì una nave e navigò fin lì solo per poterle gustare.
Una volta giunto sul posto e constatato che le aragoste autoctone erano pressoché identiche a quelle vendute a Roma, veleggiò indietro senza neanche mettere piede a terra.

LO SAPEVATE CHE...

sebbene sia ormai diffuso in tutto il mondo, il granchio è originario della Cina?
Dal Web

Dalla Preistoria al Medioevo - Età preromana e romana

Il territorio dove attualmente sorge la città di Trieste e il suo retroterra carsico divennero sede stabile dell'uomo durante il Neolitico. A partire dall'età del bronzo tardivo iniziò a svilupparsi in regione la Cultura dei castellieri da parte di popoli preindoeuropei. Dopo il X secolo è documentata la presenza sul Carso dei primi nuclei di indoeuropei, gli Istri, che tuttavia, con ogni probabilità, non furono i primi abitatori della futura Trieste, nonostante la presenza in zona di alcuni castellieri che essi stessi avevano edificato. La fondazione del primo nucleo della romana Tergeste sembrerebbe infatti imputabile al popolo dei Veneti o Paleoveneti, come testimoniato dalle radici venetiche del nome (Terg ed Este) e da altri importanti reperti[2]. Strabone tuttavia, fa risalire la fondazione di Tergeste al popolo celtico dei Carni[3].A seguito della conquista romana (II secolo a.C.) la località divenne municipio di diritto latino con il nome di Tergeste, sviluppandosi e acquisendo una netta fisionomia urbana già in epoca augustea. Raggiunse la sua massima espansione durante il principato di Traiano, con una popolazione che, secondo Pietro Kandler, doveva aggirarsi sui 12.000 - 12.500 abitanti[4] (solo negli anni sessanta del XVIII secolo la città raggiunse nuovamente la consistenza demografica di età romana).Nella parte bassa del colle di san Giusto verso il mare è ancor oggi possibile osservare i resti della città romana, nonostante le numerose costruzioni moderne che ne coprono, in parte, la visuale.Due edifici ci offrono una chiara testimonianza dell'importanza di Trieste in epoca romana: il teatro, della fine del I secolo a.C. (ma ampliato sotto Traiano), con una capienza di circa 6.000 spettatori, e la basilica paleocristiana, edificata fra il IV e il V secolo, contenente alcuni superbi mosaici, segno tangibile della ricchezza della chiesa locale e della città di Tergeste fino a tarda età imperiale.Sul colle di San Giusto sono tuttora visibili alcuni resti dei templi a Giove e ad Atena. Di quest'ultimo si sono conservate alcune strutture architettoniche nelle fondamenta della cattedrale, identificabili dall'esterno grazie ad apposite aperture nelle pareti del campanile e nel sottosuolo (tramite accesso dal Museo civico di storia ed arte di Trieste).Altro monumento romano mantenutosi in discrete condizioni fino ai giorni nostri è l'Arco di Riccardo, antica porta cittadina edificata nella seconda metà del I secolo a.C. A Barcola, Grignano e altre località della costa sono stati rinvenuti resti di ville appartenenti al patriziato locale e in massima parte erette nel I e II secolo.Importante fu il collegamento effettuato dall'imperatore Flavio Vespasiano tra Trieste e Pola. Tuttora rimane il tracciato denominato proprio "Via Flavia".Trieste possedeva un porto (in zona Campo Marzio) e una serie di scali di modeste dimensioni lungo il litorale: sotto il promontorio di San Vito; a Grignano, in prossimità di alcune ville patrizie; a Santa Croce, ecc.). Il fabbisogno idrico della città era all'epoca soddisfatto da due acquedotti: quello di Bagnoli e quello di San Giovanni di Guardiella.
Fonte Wikipedia

La Storia di Trieste

La storia di Trieste ha inizio con il formarsi di un centro abitato di modeste dimensioni in epoca preromana, che acquisì connotazioni propriamente urbane solo dopo la conquista (II secolo a.C.) e colonizzazione da parte di Roma. Dopo i fasti imperiali la città decadde a seguito delle invasioni barbariche, ricoprendo un'importanza marginale nel millennio successivo. Subì varie dominazioni per poi divenire un libero comune che si associò alla casa d'Asburgo. Fra il Settecento e l'Ottocento Trieste conobbe una nuova prosperità grazie al porto franco e allo sviluppo di un fiorente commercio che fece di essa una delle più importanti metropoli del Sacro Romano Impero e dei suoi eredi (nel 1806 l'Impero austriaco, dal 1867 l'Impero austro-ungarico). Città cosmopolita, secondo alcuni rimasta in età asburgica di lingua italiana[1] anche se molto contribuì allo sviluppo economico la comunità greca (armatori) e serba (capitani di vascello), al punto che per ciascuna comunità esiste una chiesa ortodossa; importante polo di cultura italiana ed europea, dopo cinque secoli di amministrazione asburgica fu annessa al Regno d'Italia nel 1918 a seguito della prima guerra mondiale. Dopo il secondo conflitto mondiale fu capitale del Territorio libero di Trieste e per nove anni sotto amministrazione militare alleata. In seguito al Memorandum di Londra nel 1954 venne assegnata in amministrazione civile provvisoria all'Italia; è diventata, dal 1963, capoluogo del Friuli-Venezia Giulia.
Fonte Wikipedia

lunedì 8 luglio 2013

Civico Acquario Marino

L'Aquario di Trieste è stato inaugurato nel 1933 nell’edificio, affacciato sulla riva del mare che allora ospitava la pescheria centrale della città e che oggi è dedicato ad esposizioni e incontri culturali. Dei due piani espositivi l’inferiore ospita gli acquari, mentre in quello superiore è stato allestito un vivarium, con terrari e una vasca centrale nella quale è stato ricreato il biotopo degli stagni carsici. Al piano terra nella grande vasca ottagonale di circa 10.000 litri sono ospitati piccoli elasmobranchi (squali e razze).
L’Aquario Marino , adattando gli impianti nei locali di un lato dell’edificio della Pescheria Centrale e precisamente della parte che comprende la torre dell’orologio. Vennero c+ostruite 25 vasche con capacità variabile da 200 a 2500 litri ed una vasca centrale di 17.000 litri. L’acqua viene prelevata dal mare alla base del molo adiacente alla pescheria e, mediante un potente sistema di pompaggio, viene spinta nella torre dell’orologio a circa 10 m. di altezza. Qui viene riempita una grande vasca di decantazione, dalla quale l’acqua, per caduta, viene erogata al piano terra. Il sistema è quindi un circolo aperto che, pur mancando di un adeguato filtraggio, ha il vantaggio di sostituire continuamente l'acqua, lasciando integro il suo contenuto di plancton.
La fauna ospitata al Civico Aquario Marino è costituita da specie marine provenienti prevalentemente dal Golfo di Trieste, comprendenti vari gruppi di celenterati, anellidi, molluschi, echinodermi, crostacei e pesci. L’Acquario propriamente detto si sviluppa al piano terra dove sono presenti una trentina di vasche di diverse dimensioni. Le cinque vasche più grandi rappresentano i principali ambienti dell’alto Adriatico (allevamento di mitili, barriere artificiali sommerse, relitto, molo e ambiente pelagico), mentre le vasche minori ospitano le specie tipiche del Mar Mediterraneo, tra cui astici, aragoste, orate, branzini, scorfani, dentici, murene, cefali e mormore. Il I° piano è invece occupato dal Vivarium, dove sono ospitate numerose specie di  anfibi, rettili con particolare riguardo alla fauna del Friuli- Venezia Giulia e delle regioni contermini. Accanto ai tradizionali terrari, dove tra l'altro è possibile osservare le tre specie di vipere del Nord Est italiano, è presente un grande recinto dove è stato ricostruito l’ambiente degli stagni carsici. Qui si riproducono regolarmente gli ululoni, i rospi comuni e le rane verdi. Accanto a questa struttura è presente un ampio terrario a sviluppo verticale dove a rotazione vengono ospitati grossi esemplari tropicali come iguana, pitoni e boa. Durante i mesi invernali (novembre-febbraio), agli animali delle zone temperate viene consentito di svolgere una sorta di letargo, per stimolarne la riproduzione e per mantenere un corretto equilibrio fisiologico. Per fare questo viene eliminata qualsiasi fonte di calore (faretti ad incandescenza, resistenze), vengono diminuite le ore di luce ed abbassata la temperatura generale delle vasche fino a circa 10°C.
DOVE Molo Pescheria 2; Riva Nazario Sauro 1 tel. +39 040 306201, fax +040 3220520mail: acquario@comune.trieste.it

venerdì 5 luglio 2013

Nuotare a Trieste ...L'impensabile diventa possibile.. dal libro Disciplina Liquida

NUOTARE A TRIESTE
L’impensabile diventa possibile Tratto da :Disciplinaliquida

 Crescere tra ordine ed eresia a scuola e nello sport .... Il sogno di andare alle Olimpiadi era e doveva restare segreto (sempre per non irritare gli dei), l'obiettivo di entrare nella nazionale italiana di nuoto, invece, si materializzava in modo pubblico, necessario e manifesto.
Lentamente, dopo tanti allenamenti, gara dopo gara, l'impensabile diventava possibile e si era trasformato nel mio chiodo fisso, consapevole che in fondo la convocazione in nazionale era un problema di numeri e di tempi, che anche i comuni mortali potevano programmare e controllare.
Ma queste cose non sono mai state così semplici e trasparenti.
Nuotare a Trieste e pensare alla nazionale italiana, alla fine degli anni Sessanta, per uno strano paradosso della storia e dello sport, era al tempo stesso più facile e più complicato.
Era facile perché Trieste, negli anni Quaranta e Cinquanta, era stata la vera capitale del nuoto italiano.
 Le ragazze triestine vincevano tutto ed affascinavano tutti. Erano più belle, più libere e più forti di tutte le altre. Vivevano dentro la modernità di quegli anni, facevano tutti gli sport possibili, anche contemporaneamente. Ci sono state atlete triestine capaci di entrare in nazionale nello sci, nella scherma, nel nuoto, grazie alla naturale stagionalità delle discipline (lo sci in inverno, il nuoto in estate, la scherma nei ritagli).
Anche gli uomini erano alti, belli e forti, ma avevano più concorrenza.
Eppure c'è stato chi, alle Olimpiadi del '48, si è permesso il lusso di scegliere tra la convocazione in nazionale tra la pallacanestro e la pallanuoto.
Cesare Rubini scelse la squadra giusta, andando a vincere la medaglia d'oro nella storia di questa disciplina, assieme ad un altro triestino, forte, individualista e troppo anarchico per essere anche un po' fascista.
Edo Toribolo, che aveva l'istinto del padre-padrone, a tratti gentile e qualche volta violento, sarebbe diventato il "mio" presidente alla Triestina Nuoto proprio nell'anno delle Olimpiadi di Città del Messico.
Nuotare a Trieste è sempre stato facile e naturale. Tutti, a Trieste, sanno nuotare e lo sapevamo fare con grande anticipo rispetto alla gran parte del resto d'Italia.
Il nostro era un nuoto spontaneo e naturale, solo leggermente raffinato dalla cultura dei nostri tecnici, quasi sempre professori di ginnastica o semplici appassionati che coniugavano il patriottismo italiano con il senso della disciplina asburgica.

Trieste è stata bella ed imbattibile nel nuoto negli anni in cui ci si poteva allenare in mare, in piscine aperte sopra e sotto, tra il sole e i pesci, il vento e le correnti, le meduse e -quando il mare girava dalla parte sbagliata- gli scarichi della fogna vicina.

Trieste è stata grande nel nuoto quando la cura per l'abbronzatura era più importante del numero dei chilometri nuotati.
Bastava essere naturalmente acquatici, consapevoli e compiaciuti del proprio corpo e del proprio movimento.
Poi le cose sono cambiate, ma a Trieste, grazie alla sua storia e a una tradizione orale di prima mano, era ancora possibile sfiorare con la mano .

Franco Del CampoMessico '68

Polo Natatorio "Bruno Bianchi" ...Tricolori Master a Trieste

Tricolori Master di nuoto a Trieste

Fino a domenica il polo natatorio Bruno Bianchi di Trieste ospita i campionati italiani Master di nuoto. Un vero tour de force organizzativo, con migliaia di partecipanti.
Centro Federale di Trieste - Polo 3 "Bruno Bianchi"

Il centro federale di Trieste è stato avviato nel settembre del 2004 all'indomani della stipula del protocollo di intesa tra la Federazione Italiana Nuoto e il comune di Trieste per l'affidamento alla FIN del polo natatorio intitolato a “Bruno Bianchi”, capitano della Nazionale di nuoto alle Olimpiadi di Roma ’60, quaranta presenze in azzurro, nato a Trieste nel 1943 e tra le vittime del tragico incidente di Brema del 28 gennaio 1966.
L'impianto si avvale di tre piscine: due da 50 metri con pontone mobile (una coperta l'altra scoperta) e una da 25 metri, due palestre (attrezzata e per corpo libero) e, sopratutto, un castello indoor per i tuffi. Quest'ultimo è di fondamentale importanza per la preparazione annuale delle squadre nazionali di tuffi.
La disponibilità di piattaforme e trampolini, anche nei mesi invernali, ha reso il polo triestino domicilio permanente dei collegiali azzurri.
Trieste accoglie tutte le discipline agonistiche della Federazione Italiana Nuoto, insieme alle attività di scuola nuoto e nuoto libero, didattica e attività delle società sportive.

Nel 2005 la città di Trieste e il Centro Federale hanno ospitato i Campionati Assoluti Primaverili di tuffi e i Campionati Europei di nuoto in vasca corta. Quelli sono stati i primi grandi appuntamenti triestini, ai quali hanno fatto seguito altrettanti campionati, meeting nazionali e internazionali.
Tra questi i mondiali giovanili di pallanuoto femminile del 2011 e partite di World League.
Le piscine sono state intitolate a Romana Calligaris, grande campionessa friulana di nuoto nell’immediato dopoguerra e Alfredo Toribolo, pallanuotista triestino che vinse la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra 1948.

mercoledì 3 luglio 2013

Iil meraviglioso Castello di Duino e la splendida passeggiata lungo il sentiero Rilke








Duino è un luogo in cui l’incantevole paesaggio si fonde con il fascino letterario che ancora richiama qui visitatori da tutto il mondo. Proprio come il poeta praghese Rainer Maria Rilke, ospite al castello tra il 1911 e il 1912 dei principi Thurn und Taxis Hofer Valsassina, come anche altri celebri personaggi tra cui musicisti al pari di Johann Strauss e Franz Liszt, letterati quali Gabriele D’Annunzio e nel castello vecchio, secondo una leggenda, perfino Dante Alighieri.

Celebre è il sentiero Rilke, che da Sistiana lungo la costa raggiunge il castello. Era tra i percorsi più amati del poeta Rilke, che da qui godeva di una vista mozzafiato sulla baia di Trieste.

Il Castello sorge su uno sperone roccioso che scende a strapiombo verso il mare. Restaurato dopo la prima guerra mondiale a causa dei notevoli danni subiti, si compone di tre piani realizzati in epoche diverse, mentre i muraglioni di cinta che lo circondano risalgono senza dubbio al XV secolo.

Buona parte degli spazi interni e del parco sono tuttavia accessibili ai visitatori che possono ammirare i sontuosi saloni, con arredi raffinati e il meraviglioso giardino, curato nei minimi dettagli con cascate di fiori, vasche, statue, fontane e splendide aiuole che hanno sicuramente contribuito ad alimentare la fama del castello

Excelsior Palace Hotel


Excelsior Palace Hotel



Il più elegante e lussuoso albergo dell'Impero

Pochi sanno che l'Excelsior Palace Hotel, alla sua inaugurazione nel 1912, era considerato il più importante e lussuoso hotel dell'Austria-Ungheria

Sorse sulla vasta area già occupata dagli edifici dell'Imperial-regio Governo Marittimo, dall'Ufficio di Sanità, dalla Casa dei Piloti di Porto e dagli uffici della compagnia di navigazione "Istria-Trieste".
L'albergo venne gestito dalla Società Austriaca d'Alberghi ed il primo direttore fu Alessandro Schalk di Abbazia.

L'odierno hotel è uno del 15 Starhotel d'Italia a quattro stelle, con 155 camere di cui 39 appartamenti-residence, per un totale di 300 letti, sale riunioni e convegni. Opera dell'architetto Leopold Fiedler, fu una delle prime costruzioni in cemento armato della nostra città. Sorse in due anni di lavoro impiegando 300 operai; le sue basi poggiano su ben 800 pali lunghi 16 m. Durante la prima guerra mondiale ospitò un comando militare ed un ospedale.

Con i lavori di restauro degli anni 1972/76 vennero completamente modificati gli interni per cui del progetto originale rimane solo una splendida facciata.




Micheze e Jacheze

MICHEZE  e JACHEZE

Come elemento distintivo della facciata del nuovo palazzo municipale di Trieste, progettata nel 1873, l’architetto Giuseppe Bruni inserì al centro dell’ampio sviluppo orizzontale una torre, che si impone con il suo tetto a tronco di piramide.
 Questa torre rievoca la dirimpettaia torre dell’Orologio o del Porto, la cui compianta e discussa demolizione era avvenuta nel 1838.
Come quella sostiene l’orologio civico e le due statue di zinco fuso raffiguranti due paggi. Gli automi, disposti ai lati della campana, hanno le braccia articolate, le quali messe in movimento da un meccanismo ad orologeria, sollevano un martello che batte le ore, mentre i quarti vengono suonati da un separato martello.
Ideati dal Bruni, i due automi furono modellati nel giugno 1875 dallo scultore Fausto Asteo (Ceneda, Vittorio Veneto, Treviso, 1840 – 1901) docente presso l’Accademia di belle arti in Venezia. Fusi nelle fonderie dei fratelli de Poli di Ceneda, arrivarono a Trieste, come ricordano gli storici della fine del secolo, nel novembre dello stesso anno, e furono collocati sulla torre nei giorni 5 e 7 gennaio 1876.
Cominciarono a funzionare regolarmente alle ore 12 meridiane del 14 gennaio.
I triestini li nominarono confidenzialmente Michez e Jachez (o Mikez e Jakez) ossia Michele e Giacomo, riferendosi pare a due famosi giudici della città.

Xe storto ‘l palazo,
Xe bruta la tore,
Ma Michez e Jachez
I ne bati le ore

Le spiritose strofe ci restituiscono un vivace quadro della vita cittadina, scandita dalle mazze dei due mori che alternativamente battevano il tempo civico sulla campana.
La campana venne fusa sempre dalla stessa fonderia de Poli, e fu realizzata con il bronzo di due delle tre campane che dominavano l’edificio della Loggia venezianeggiante, allora demolita per la costruzione del nuovo edificio municipale. Porta l’iscrizione:
ANNO M D CCC LXXV SEDENDO PODESTÀ DI TRIESTE MASSIMILIANO D’ANGELI QUESTA CAMPANA DEL RICOSTRUITO PALAZZO COMUNALE COL METALLO DELLE VECCHIE I FRATELLI DE POLI DA VITTORIO FUSERO

Nel 1972, gravemente deteriorati dagli agenti atmosferici e dalle sollecitazioni del meccanismo, Michez e Jachez vennero “duplicati” per iniziativa del Comune e una nuova coppia con nuova campana (fusi i primi in bronzo dalla fonderia Brustolin di Verona, l’altra dalla fonderia Cavadini della stessa città), batte dal 3 novembre di quell’anno le ore di questa città.

I due automi originali, conservati nei depositi civici, restaurati nel corso del 2005, verranno conservati nell’Orto Lapidario del Civico Museo di Storia ed Arte (sul colle di San Giusto) gestito dalla direzione dei Civici Musei di Storia ed Arte che ha competenza sui monumenti e le aree monumentali della città.


  • LA TECNICA D’ESECUZIONE

Le sculture di Michez e Jachez sono eseguite in lega di zinco, mentre la campana è stata realizzata in una lega di rame sonora (che prevede più del 20-30% di stagno); tutti i manufatti sono stati ottenuti per fusione. La tecnica adoperata per la realizzazione delle sculture a tutto tondo è quella della fusione “a cera persa”.

martedì 2 luglio 2013

Sistiana Mare.... BENVENUTO IN PARADISO.


Ogni  pomeriggio mi  trovo a fare il bagno e l'aperitivo a Sistiana e quando arriva qualche mio amico/ospite lo porto con me  e ne rimangono entusiasti!!!

                                              BENVENUTO IN PARADISO.

 A DUE PASSI DA TRIESTE, LA BAIA DI SISTIANA OFFRE TUTTO QUELLO CHE CI SI PUÒ ASPETTARE DALLA STAGIONE PIÙ BELLA,L’ESTATE...... SOLE, MARE, UNA NATURA INCONTAMINATA E PROTETTA

La Baia di Sistiana è un luogo unico e ricco di un fascino davvero speciale, che si affaccia sullo splendido mare dell’alto Adriatico, a due passi da Trieste.
E’ considerata da tutti la più bella baia dell’alto Adriatico.

Incastonata tra le maestose falesie di Duino a picco sul mare, oggi riserva naturale regionale e dominata dall’omonimo castello in cui scrisse e soggiornò il poeta Rainer Maria Rilke, la suggestiva Costa dei Barbari (spiaggia naturalista) e il famoso Altopiano del Carso, la Baia di Sistiana è piena di vita, di occasioni di svago e divertimento dalla mattina fino a notte fonda, con un’attività di intrattenimento che comprende chioschi, bar, ristoranti vista mare, “chiringuiti” per gli aperitivi, come il Cohiba lounge beach bar e due discoteche, il Cantera Social Club e il Cantera Cafe'


  • La spiaggia libera del Cohiba,

A partire dal 22 giugno, tutti i sabati dalle 17.00, accompagneranno le vostre ultime ore di sole con un elegante e rilassante sottofondo di musica lounge, per poi risvegliare i vostri sensi con della frizzante deep e funky house, quando il sole tramonta e si fa l’ora di un aperitivo con le bollicine.

  • Il Cantera Social Club

è una delle discoteche più fashion della riviera adriatica: dal lunedì dedicato alla musica latino-americana, al martedì con le evoluzioni del tango, dal venerdì dedicato alla musica italiana al sabato per il gran finale di settimana con i maggiori successi commerciali, senza dimenticare gli eventi “targati” house della domenica. Ingresso con consumazione, dalle 23.00 alle 4.00. Da giugno anche con l’aperitivo dalle 19.30 in poi sulla Terrazza vista mare con annesso ristorante con un massimo di 40-50 coperti.

  • Il Cantera Cafè è la discoteca più giovane,


 con il suo giovedì dedicato allo schiuma party e il week-end pieno di ritmi e di musica per tutti i gusti. E’ dal 2011 un locale vietato ai minori di 18 anni. L’ingresso è libero con la consumazione facoltativa, e al suo interno trova anche spazio il Cantera Ristorante Pizzeria VistaMare, aperto anche di giorno.

Per tutti, è anche disponibile al calar della sera e fino a notte inoltrata durante il week-end,

  • il Chiosco del Parco Caravella, 

dove sono sempre pronti a servire, con un sorriso, una bibita rinfrescante o un gustoso spuntino. Al calar della sera si può cenare in uno dei vari ristoranti, con caratteristici piatti di pesce, specialità regionali e raffinate creazioni culinarie degli chef locali o fare una passeggiata al tramonto lungo il porticciolo, che ospita barche a vela e piccoli pescherecci.

lunedì 1 luglio 2013

L'Anfiteatro Romano




"L'Anfiteatro romano".
La sua edificazione sembra risalire all'epoca dell'imperatore Augusto, ciò è testimoniato soprattutto dal
ritrovamento di alcuni elementi decorativi ( testa di una statua di Venere, capitelli, ecc. ) tipici della fine del I sec. a.C..
Altri ritrovamenti fanno pensare ad una ristrutturazione databile all’età di Nerone ( verso la metà del I sec. d.C.).
L’intervento di ristrutturazione più consistente e importante è avvenuto però fra il 98 e il 102 d.C., in epoca traianea, com’è testimoniato dalle tre epigrafi fatte collocare nel teatro da Quinto Petronio Modesto, un ricco cavaliere triestino che scalando tutti i gradi della carriera militare sotto Traiano ottenne importanti incarichi in
lontane province dell’impero.
Egli sponsorizzò la ristrutturazione del vecchio teatro della sua città facendo rimettere a nuovo la cavea e rinnovando le decorazioni della scena.
Oltre alle epigrafi negli scavi è stato trovato anche il ritratto di Quinto Petronio Modesto, di pregevole fattura, che come le altre statue rinvenute si possono ammirare al civico museo di via Cattedrale.

Il Bagno la Lanterna



                          




Il Bagno La Lanterna" "Pedocin".
Il nome del bagno deriva dalla lanterna collocata sul molo nel 1832 come faro marittimo.
C’era così tanta gente che alcuni storici ritengono che la denominazione triestina del bagno, “Pedocin”, derivi dalla miriade di persone che lo affollavano.
In dialetto sono infatti definite pedoci le cozze: c’era tanta gente quante cozze attaccate agli scogli.
Il nome dovrebbe derivare dal fatto che i borghesi dicevano che lì andavano a “spidocchiarsi” i militari e il popolo.
In realtà il primo nome popolare del bagno fu “Ciodin” (piccolo chiodo) derivante dal fatto che la gente si portava da casa i chiodi per appendere gli abiti.